Ho letto con grande interesse il libro di
Jack Fritscher "Robert Mapplethorpe. Fotografia a mano armata", uscito quest'anno in libreria. Anno in cui ricorrono i 70 anni dalla nascita di
Mapplethorpe (nato a New York il 4 novembre 1946) e che ha visto una bellissima e importante retrospettiva al Getty Museum e al LACMA di Los Angeles
"Robert Mapplethorpe: The perfect medium"
e il
documentario senza censure prodotto da HBO (spero di vederlo presto anche in Italia).
Il volume, più di trecento pagine, ben scritto, è un perfetto complemento biografico all'altra lettura per me imprescindibile sul tema dell'affascinante fotografo americano, lettura che mi ha appassionato tantissimo per vari mesi, ovvero il libro di
Patti Smith "Just Kids" (ne ho parlato
QUI).
Di fatto, si tratta del ritratto di un artista che si esprimeva attraverso la fotografia e che per tutta la vita ha lavorato sul binomio esplosivo di
amore e morte. Fritscher stesso scrive:
"Non mi interessano gli aspetti cronologici o la tecnica fotografica." Qui si parla infatti di
ricordi molto personali di un amico, amante, e compagno di avventure professionali.
Eppure, c'è molto più del pettegolezzo del "chi andava a letto con chi" o del puro
memoir. Il libro è
un'emozionante cavalcata dentro un'epoca, e illustra una viva panoramica su tre decenni non solo di fotografia ma con lo sguardo che spazia dall'arte sull'intera industria culturale, tra
mainstream e
sottoculture metropolitane, analizzando l'opera di Mapplethorpe dal punto di vista di amico, amante, scrittore, editore e attivista del movimento gay americano.
C'è il rapporto di Mapplethorpe con la
fotografia, con il
sesso, la
droga, con la
cultura gay, con la cultura
mainstrem etero, con la scena artistica di
New York, la scena di
San Francisco, l'abisso che ha diviso lo spirito degli
anni Settanta pre-AIDS con quello degli
anni Novanta Post-AIDS, passando per il decennio chiave degli
anni Ottanta, la
censura e tutto quel che ne comporta.
Il tutto attraverso interviste con chi Mapplethorpe l'ha conosciuto (nel bene e nel male), articoli usciti sulla stampa e memorie private, citando una marea di film, dischi e libri d'ispirazione.
Un racconto appassionato e ben documentato dal punto di vista del valore artistico dell'opera che Robert ha lasciato in eredità al mondo, partendo dall'assunto di base di Fritscher che "L'arte deve fare paura. Altrimenti è intrattenimento."
Poi ci sono anche alcune foto. Le foto che
altri fotografi hanno scattato a Mapplethorpe. Curiose, visto che parliamo di un artista che nell'autoritratto ha raccolto la
summa dell'evoluzione della sua opera, una splendida parabola dal famoso
scatto con frusta del 1978 all'ultimo nel 1988 con
il bastone dal manico a forma di teschio.
Tra tutto l'intrigante materiale trattato nel libro (qualcuno forse potrà ancora
divertirsi a scandalizzarsi sugli aneddoti di perversioni
leather, sesso, droga e rock'n'roll) ho amato molto il racconto Fritscher sul
modo in cui l'
ambizioso Mapplethorpe ha messo deliziosamente in pratica almeno 6 lezioni della pop-Art, lezioni sempre comode per il giovane artista in cerca di successo:
1. Essere informati.
2. Moltiplicare.
3. Saccheggiare a piacere (la cultura).
4. Lavorare (molto).
5. Trasformarsi in un'azienda.
6. Fare di se stessi un'opera d'arte.
Come?